mercoledì 19 agosto 2009

Io non so (e non voglio sapere)

Da molto tempo il Corriere della Sera, più che giornale dispensatore di notizie, è un vero e proprio crogiuolo di editoriali, pochi dei quali interessanti (Rizzo o Gian Antonio Stella, per intenderci) molti a dir poco rivoltanti (Panebianco, Ostellino e simili, sempre per intederci). L'edizione del Corriere di mercoledì 19 agosto si è segnalata per due pezzi di opinione: la presenza di un commento di Padoa Schioppa sulla crisi economica mondiale (dove si propone che il mondo occidentale abbandoni il mito della crescita per lascir sviluppare il resto dell'umanità... beh, dai tempi dei 'bamboccioni' qualche passo in avanti l'ha fatto!) e la risposta del prof. Galli della Loggia alle lagnanze di un giovane leghista. Per farla breve (trovate il testo intero all'url http://www.corriere.it/politica/09_agosto_19/Io_studente_leghista_Perche_mi_vergogno_dell_Unita_d_Italia_MatteoLazzaro_30c84cf4-8c8b-11de-90bb-00144f02aabc.shtml) il padano si lamentava sostanzialmente di tre cose:
1) la storia d'Italia è un obbrobrio, il Risorgimento è stata una cospirazione massonico-imperialista, poi è succeduto il fascismo pseudo-romano e infine l'Italia repubblicana clientelare e partitocratica
2) l'immigrazione ha una portata troppo vasta per creare un'integrazione, si diffondono idee pericolose a causa di un multiculturalismo d'accatto ma se dici queste cose ti accusano di razzismo
3) il Sud con il suo clientelismo e le sue truffe ai danni della collettività condiziona pesantamente il nord del Paese

Ernesto Galli della Loggia è sicuramente quello che Noam Chomsky chiamerebbe un 'intellettuale responsabile', cioé uno che cerca di dare una parvenza di razionalità a idealismo alle azioni molto poco nobili dei potenti di turno; ricordo che qualche mese fa scrisse che, in un paese occidentale, sarebbe normale abolire l'obbligatorietà dell'azione penale e decidere che sia l'esecutivo a stabilire la priorità riguardo ai crimini da combattere (ecco, magari non quelli che commettono gli stessi uomini di governo che dovrebbero deciderli!). Qualche giorno fa tuonava contro lo scarso trionfalismo per i 150 anni dell'unificazione italiana, e quindi non può essere d'accordo con l'analisi storica di Matteo Lazzaro (così si chiama il leghista) portando anche qualche argomento condivisibile. Ma per il resto (emigrazione e sud) il professore non ha dubbi: "la protesta è fondata", "ha ragione da vendere, e al­le sue ragioni non c’è proprio nulla da ag­giungere".
Pier Pasolini, nel suo famoso editoriale "Il romanzo delle stragi" (pubblicato, ironia della sorte, proprio sulla stessa testata dove oggi trova spazio Galli della Loggia) definiva l'intellettuale colui "che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero". Se la superficialità del leghista è comprensibile, quella di Galli della Loggia è a dir poco grottesca e incomprensibile: non rileva neppure la contraddizione insita nel giovane, che alla fine della lettera ritiene esprime la paura "che l’Italia di domani di italia­no non avrà più nulla e che il timore qua­si ossessivo di non offendere nessuno e di considerare ogni cultura sullo stesso piano, cancelli quel poco di memoria sto­rica che ancora abbiamo. Mi crea profon­do terrore la prospettiva che la nostra ci­viltà possa essere spazzata via come ac­cadde ai Romani"; tutto ciò dopo aver appena espresso il suo disgusto per la storia italiana, e dopo aver espresso un parallelismo con la fine dell'impero romano che qualsiasi storico anche di mezza tacca (quindi anche Galli della Loggia) avrebbe dovuto contestargli. Quali le cause dell'emigrazione, quali le vicissitudini che hanno portato alla triste condizione del Sud? Silenzio assoluto da parte dell''intellettuale'. E perché non parlare del vero cancro economico e sociale del Paese, ossia le mafie, che con il loro capillare controllo del territorio esercitano un'azione che mette addirittura in dubbio il fatto che si possa parlare di sovranità nazionale? Forse perché questo discorso sarebbe stato poco accattivante per il leghista? Forse perché ricordare la spregiudicatezza dell'imprenditoria del nord nei confronti del fenomeno offende non solo giovani studenti ma anche qualcheduno un po' più in alto nella scala sociale?
"È la ri­chiesta che la società meridionale la smet­ta di prendere a pretesto il proprio disa­gio economico per scostarsi in ogni ambi­to — dalla legalità, alle prestazioni scola­stiche, a quelle sanitarie, all’urbanistica, alle pensioni — dagli standard di un pae­se civile, tra l’altro con costi sempre cre­scenti che vengono pagati dal resto della nazione"; molto bene professore, ma perché le cose sono andate così? Si tratta di qualcosa di atavico insito nella cultura meridionale? Possibile che la storia d'Italia vada bene solo per le fanfare e le manifestazioni istituzionali?
Matteo Lazzaro non è razzista, ha solo le idee un po' confuse. Ma mai come certi professori universitari e sommi opinionisti.

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