mercoledì 7 luglio 2010

Pericolo bolivariano

«Siamo al secondo tempo di un film che non può essere protratto a lungo. Non vorrei che dopo Berlusconi arrivasse Chavez...o il Parlamento riprende il suo ruolo o non c’è libertà per nessuno»
Questa frase di Pierluigi Bersani, ripresa ieri dalle agenzie e poi dai principali quotidiani, non ha destato particolare scalpore - del resto è raro che il segretario del PD ci riesca - invece merita attenzione, perché è rivelatrice di tante cose. In questi anni Berlusconi è stato paragonato un po' a tutto: a Mussolini, a Peron, a Dio, ad Al Capone, ma credo che sia la prima volta che venga tirato in ballo Chavez.
Sentendo Bersani, molta gente di sinistra, persino tra gli elettori del PD, avrà trovato motivo di speranza, all'idea che a succedere il tycoon di Arcore possa essere un presidente 'bolivariano', smentendo il leader del PD che la vede come la peggiore delle opzioni possibili. Ma perché?
Dopo tanto dibattito sul diritto di poter criticare Saviano, sarebbe inutile riproporre una sterile polemica sull'opportunità di non auspicare Chavez come capo del governo, ovviamente legittima e sacrosanta; resta però da chiedersi: ma un segretario del PD, con tutte le risorse dialettiche esistenti, è proprio necessario che lo prenda come esempio di futuro peggiore di quello attuale? Oggi, che viviamo nel governo all'insegna del sultanato e dell'impunità più assoluta, con l'immoralità elevata a regola di vita, un segretario del PD può davvero essere convinto che Chavez sia peggio di Berlusconi? Chi è più realmente populista tra i due? Era più democratico il Venezuela pre o post Chavez? E quale Italia era più liberale e pluralista, per caso quella che ha avuto origine dalla 'discesa in campo'?
E Bersani poi, è meglio di Chavez? Chi dei due è più bravo a fare breccia nel blocco sociale di riferimento? Chi dei due è stato maggiormente capace di attuare interventi concreti per il suo popolo? Chi dei due è sopravvissuto a un colpo di stato?
Chavez si può benissimo odiare, ma non mancargli di rispetto. E Bersani, con la sua improvvida dichiarazione, non solo l'ha fatto, ma ha indirettamente nobilitato colui che dovrebbe essere il vero avversario e pericolo.

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