martedì 25 febbraio 2014

Rilocalizzare!

Probabilmente sarà solo una boutade demagogica e senza possibilità di incidere realmente, ma il provvedimento del presidente francese Hollande contro le delocalizzazioni (che per Repubblica è solo "una delle promesse elettorali di François Hollande, nello spirito della tradizione di dirigismo statale ereditata da Colbert che però appare quanto mai superata in un'economia globalizzata"), la cosiddetta legge Florange, è comunque un segnale per cercare di contrastare un problema oramai epocale senza ricorrere ai classici paliativi basati sulla precarizzazione del mercato del lavoro a condizioni simil-cinesi, al fine di "attirare investimenti dall'estero", che sembra oramai l'unico scopo rimasto dei governi nazionali (in Italia una chiara esemplificazione del concetto sono state le continue tournée di Letta in giro per il mondo).
Nei fatti si tratta di una legge molto blanda: le imprese con più di 1000 dipendenti per delocalizzare sono obbligate a cercare un compratore per gli stabilimenti che vogliono dismettere, ma la destra e le associazioni industriali francesi promettono battaglia, in quanto a loro giudizio si tratta di un provvedimento lesivo della libertà di impresa (potrebbero vedere i loro ex impianti utilizzati da potenziali concorrenti). 
Su questo hanno perfettamente ragione, e non bisogna vergognarsi di reclamare provvedimenti che limitino la libertà economica, se non proprio la proprietà privata stessa, senza passare per bolscevichi.
Le teorie del self made-man devono una volta per tutte fare il loro tempo e morire insieme al neoliberismo. Non esiste persona sulla Terra che sia riuscita a 'farsi da sè' (ossia a diventare milionario o miliardario) senza usufruire dei servizi della società, fossero essi garantiti dallo Stato  o offerti in altro modo dalla comunità. Ernst Friedrich Schumacher nel libro Piccolo è bello ha evidenziato come il successo delle imprese sia strettamente correlato alla presenza di infrastrutture e istituzioni scolastiche, sanitarie e di ricerca a cui gli imprenditori versano al più un contributo economico decisamente sottostimato rispetto ai servizi resi. Da qui si può capire l'infondatezza degli industriali che, lamentando l'eccessivo costo del lavoro, delocalizzano le produzioni in paesi dell'est Europa o del sud del mondo; è retorico chiedersi se le loro aziende avrebbero mai potuto prosperare, se non addirittura nascere, in simili nazioni, con buona pace della “condizioni industriali impossibili”, che ad esempio esisterebbero in Italia secondo Sergio Marchionne.
Bisogna quindi promuovere la cultura dell'uso sociale e responsabile di quei beni che, come le imprese, possono produrre grandi scompensi in caso di delocalizzazione. Se persino Hollande - politico non certo tacciabile di velleità rivoluzionarie - ha cominciato a instradarsi in tal senso, allora possono imparare tutti, specialmente i giovani ambiziosi che invocano la discontinuità dal passato. 

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