mercoledì 12 novembre 2014

W lo sciopero del ponte!

Non sono mai stato iscritto al sindacato né mai lo sarò. Non mi basterebbe un intero blog per riportare tutte le mie critiche sulla CGIL e l'apparato sindacale in genere. Tuttavia, non ho problemi ad ammettere quando ne combinano una giusta. E lo sciopero generale organizzato per il venerdì 5 dicembre, in modo da creare una sorta di 'ponte' con il sabato, la domenica e la festa dell'Immaccolata Concezione, è veramente una buona idea, che purtroppo però il sindacato dalle prime reazioni alle critiche ('nessuno ci aveva mai pensato, è una coincidenza, ecc') sta già rovinando.
Partiamo dalle polemiche che stanno piovendo dagli ambienti dalla politica e da Twitter, il moralizzatore digitale del XXI secolo: 'perdita di credibilità del diritto di sciopero', 'espediente per far astenere più lavoratori'. Quest'ultima, nell'epoca in cui la politica è ridotta a marketing, dovrebbe essere interpretata come un complimento, specialmente se nella satira i sindacalisti vengono dipinti arretrati come fossili paleozoici. Nell'era in cui si rischia di sfasciare il bilancio dello stato per dare 80 euro in più in bustapaga prima delle elezioni, non mi sembrerebbe un peccato mortale. La prima critica, invece, sembra legata a una versione riveduta e corretta dell'etica protestante del lavoro.
A chi grida al fankazzismo, vorrei ricordare che la giornata di sciopero viene trattenuta sulla busta paga, contribuzione compresa. Chi sciopera sceglie di rinunciare al salario per aderire a una rivendicazione o, come sostengono molti malpensanti, se ne sta a casa a dormire di più e a farsi un giorno di libertà dal lavoro, un atto quindi scevro da intenti politici.
Quello che oramai la nostra civiltà, accecata dal delirio della produttività e del lavoro, non riesce proprio a comprendere, è che rinunciare a una giornata di stipendio per averne una libera è una rivendicazione eminentemente politica. Non lo sono l'assenteismo e tutti gli stratagemmi per percepire salario senza ottemperare ai propri doveri, ma questo gesto alla luce del sole - e del tutto sulla propria pelle - lo è. Il lavoratore compie l'atto più responsabile che possa fare una persona adulta e matura, ossia stabilire un ordine di priorità: prima la mia vita, poi le esigenze lavorative. Antepone una giornata con la famiglia, gli amici, a dedicarsi agli hobby ecc alla quota di salario di quella giornata, tutto questo nella società più mercificata che la storia umana ricordi, dove il denaro è la principale divinità adorata. Un'azione molto più politica di pagare una tessera o mettere la croce su di una scheda elettorale, per certi versi quasi ribelle.
Ma forse, come dicevo prima, viviamo in una società dove regna l'etica protestante del lavoro, io non me ne sono accorto a per fortuna renziani e Twitter mi riportano alla realtà. Chiedo venia, anche se devo rimproverarli perché anch'essi dimostrano di non essere sempre aggiornati nelle loro censure morali.
Giusto la settimana scorsa, Sergio Marchionne, annunciando l'operazione di spin off del titolo azionario della Ferrari, è riuscito a far salire la quotazione in borsa al punto che l'AD di FIAT e presidente di Ferrari ha deciso di esercitare i diritti sulle sue stock option, guadagnano sull'unghia 10,7 milioni di euro (le relative tasse verranno pagate in Svizzera). Siamo sicuri che renziani e twitteriani vari, se l'avessero scoperto, avrebbero gridato allo scandalo e rivisto le loro categorie di 'credibilità' e soprattutto di 'fankazzismo'

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