sabato 11 luglio 2009

LA SALVEZZA VERRÀ SOLO DAI PICCOLI

Il mondo è pieno di illusi, ma penso che nessuno arrivi al punto di pensare che possano uscire proposte salvifiche per il pianeta da un vertice del G8. Occorre però ammettere che fino a oggi queste manifestazioni avevano sempre avuto una loro coerenza, nel senso che, all’interno delle solite giaculatorie sulla necessità di privatizzare ogni angolo del pianeta, di spianare la strada al libero mercato e sui benefici che ciò avrebbe comportato ai paesi più poveri, potevi riconoscere un filo perversamente logico e razionale, quello dell’ideologia neoliberista delle multinazionali.

Il G8 di L’Aquila invece, non può neppure vantare questa qualità, è fortemente schizofrenico. Ma andiamo con ordine.

Oggi tutti i media strombazzano l’evento storico per cui finalmente anche gli otto grandi, bontà loro, hanno riconosciuto che l’effetto serra è un fenomeno reale e non l’invenzione di qualche pazzo ecodisfattista; giustamente il resto dell’umanità si sta chiedendo quando arriverà il momento della scoperta dell’acqua calda, ma bisogna ammettere fuori da ogni ironia che si tratta di un passo in avanti. Solo qualche mese fa, ad esempio, il governo italiano si era allineato con alcuni paesi dell’est europeo contro delle direttive UE sulla riduzione delle emissioni con la motivazione che l’effetto serra non solo non era scientificamente provato, ma che addirittura i cambiamenti climatici previsti avrebbero comportato dei benefici. Quindi, meglio arrivarci con 25-30 anni di ritardo che mai. Il G8 ha convenuto anche sul fatto che gli aumenti di temperatura vadano contenuti entro i 2°C (senza però specificare che si tratta una soglia oltre la quale l’esistenza stessa della specie umana sulla Terra è seriamente minacciata), e che per giungere a questo traguardo occorre arrivare a tagliare la metà delle emissioni di anidride carbonica entro il 2050. Per il resto non è stato fissato nessun traguardo intermedio e soprattutto non è stata indicata nessuna soluzione pratica; si sono ripresentati i classici scontri tra paesi maggiormente industrializzati e paesi in via di sviluppo, con la riproposizione da parte di questi ultimi del ‘diritto di inquinamento’ per giungere agli standard di benessere materiale occidentale: la ‘svolta ambientalista’ del G8 abruzzese è tutta qui, a parte qualche vago accenno alle energie rinnovabili. Persino il moderato segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha parlato di grave occasione mancata.

Ovviamente era assurdo attendersi di più perché, come è scritto nel documento finale, l’obiettivo centrale è e resta la “crescita stabile e sostenuta a lungo termine”, motivo per cui l’imperativo consiste nel “mantenere i mercati aperti e liberi e respingere il protezionismo”; e per finire in bellezza, ecco un accorato appello alla difesa del copyright: “l’inno­vazione può essere promossa attra­verso un efficiente sistema di diritti sulla proprietà intellettuale.” Verrebbe seriamente da pensare che questa relazione consista per gran parte di copia/incolla di documenti degli altri vertici, della Banca Mondiale e del FMI, del WTO, ecc rivisti qua e là con qualche affermazione solenne.

Ovviamente l’ideologia della crescita non può proporre alternative per l’ambiente e la fame del mondo, perché dovrebbe negare se stessa. Il libero mercato globale presuppone trasporti a lunga distanza che sono tra i principali responsabili della crisi climatica; l’invasione senza controllo dei prodotti occidentali massacra le economie contadine delle nazioni più poveri, e la proprietà intellettuale spesso non fa altro che tutelare la bio-pirateria delle multinazionali nei paesi in via di sviluppo, oltre a frenare l’innovazione con la forza di licenze e brevetti. Sono tutte problematiche che chi contesta la globalizzazione oramai conosce molte bene da alcuni anni, ma penso che ugualmente non si possa non rimanere sbigottiti da Berlusconi che, per risollevare i paesi poveri, propone di aiutarli a “costruire strade”, presumibilmente ai danni di quelle foreste tanto importanti per contenere la crescita della temperatura che sta tanto a cuore al G8. Secondo Vandana Shiva rispetto alle proposte previste inizialmente per il vertice di Copenaghen di dicembre si sono fatti dei passi in avanti, e se lo dice lei bisogna crederci, ma credo che non cambi l’orizzonte di riferimento a cui l’umanità debba ispirarsi.

I poteri forti economici transnazionali, che sono usciti indeboliti dalla grande crisi economica e che cominciano a sperimentare sulla propria pelle gli effetti dei cambiamenti climatici (vedi uragano Katrina) iniziano ad avere alcuni scrupoli, che si rispecchiano non solo nelle blande prescrizioni per la finanza e l’ambiente del G8, ma che si erano già manifestate negli ultimi periodi della presidenza Bush. Sul versante ecologico hanno preparato la loro ricetta, che consiste nell’energia nucleare, nella diffusione di massa dei biocarburanti, nella creazione di grandi centrali a energie alternative, nell’incenerimento sempre più sofisticato dei rifiuti ecc. tutti palliativi che addirittura rischiano di aggravare la situazione, ma è impossibile chiedere loro di più, perché dovrebbero realizzare interventi che frenano la crescita economica, la libertà di circolazione delle merci e la commercializzazione di ogni settore dell’esistenza umana; è come chiedere al leone di diventare vegetariano.

La svolta culturale può avvenire solo dal basso. A livello locale i cittadini hanno maggiore influenza sul potere politico, e possono agire più efficacemente; nelle nostre case possiamo adottare rimedi atti a favorire il risparmio energetico; possiamo sostenere i prodotti realizzati in base a logiche diverse da quelle del libero mercato globale; possiamo bloccare le ‘grandi opere’ che deturpano l’ambiente; possiamo costruire filosofie di vita non basate sull’accaparramento insensato di beni di consumo; le piccole-medie imprese, meno vincolate della grande industria, possono realizzare interventi tecnologici davvero utili e sostenibili, e bisogna battersi per farle diventare anche economicamente convenienti attraverso una fiscalità mirata. Con tutto il rispetto per Obama, si ha la netta impressione che a ‘a dare il buon esempio’ debbano essere soggetti molti diversi da quelli che ha in mente il presidente americano.

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