Non voglio iniziare il blog nel 2013 parlando di Silvio Berlusconi, non avrei mai più voluto parlarne. Sono vent'anni che subisco quest'uomo, che cerco di farne un'analisi di critica, oramai mi esce dalle orecchie, non ne posso veramente più. Oramai mi avvicino alla fatidica soglia del 'mezzo del cammin di nostra vita', il tempo e le risorse intellettuali sono limitate, per cui desidero occuparmi di argomenti seri, come la sostenibilità ambientale e sociale, e lasciare che Berlusconi e il berlusconismo siano azzannati da menti vergini, più giovani e bramose di fare a pezzi uno dei più celebri fenomeni di società dello spettaccolo della storia occidentale. Non credo di essere condannabile per questo.
Ieri però ho commesso il peccato mortale di guardare Servizio Pubblico, per altro dopo averlo disertato per settimane. No ho scomesso sull'allontanamento di Berlusconi dallo studio, quindi c'è da chiedersi che cosa mi abbia spinto ad assistere a uno show per altro scontato: retaggi di sensi di colpa dettati dalla coscienza anti-berlusconiana, che per altro mi ha fatto fare in passato cose ben peggiori? (come votare per il centro-sinistra) Gusto dell'orrido? Sadomasochismo? Difficile dirlo.
Allora, siccome non posso sfuggire alla punizione di parlarne, voglio però dirottare l'attenzione sul mezzo televisivo - se non altro nel mio piccolo non contribuirò anche io a illuminare il desolante deserto intellettuale del redivivo Silvio.
Stamattina, quando molti celebravano il successo mediatico del tycoon arcoriano, ho pensato tra me e me: una simile accozzaglia di bugie e autocelebrazione sarebbe mai stata proponibile in un contesto comunicativo diverso dalla televisione? A parte gli adoratori fanatici (pur nutrendo dubbi anche su questo) chi avrebbe mai dedicato attenzione a un libro o a un sito Web con quei contenuti?
In particolare nel caso del Web, un sito di insulti e diffamazioni in genere non riuscuote particolare successo; a parte la tendenza a scrivere commenti violenti celandosi dietro l'anonimato, in genere anche i siti di istigazione all'odio sono delle nicchie ristrette, che ottengono visibilità quando stampa e tv ne segnalano la chiusura da parte dell'autorità giudiziaria. Un programma televisivo di insulti razzisti o altro genere di stravaganze, invece, otterrebbe grande risalto anche se in onda su canali locali sconosciuti, come testimoniano le riuscite trasmissioni della Gialappa's Band.
Berlusconi odia Marco Travaglio non perché parla male di lui in modo documentato, ma perché rappresenta un altro tipo di realtà, quella dell'editoria stampata, che è basata su presupposti molto diversi. Berlusconi era sicuro di vincere non solo perché è un presuntuoso spocchioso, ma perché avrebbe vomitato insulti in televisione, che è fruttuoso come spargere letame sul campo.
Travaglio non è un personaggio televisivo e per renderlo efficace in TV bisogna creargli una nicchia dedicata come il monologo; per quanto capace di sostenere qualsiasi tipo di contraddittorio, non è in grado di applicare la tattica dell'insulto e della menzogna preventivi; a differenza del collega Santoro, che infatti è più noto per le invettive e gli scontri dialettici che per le inchieste televisive (che, si badi bene, non sono opera sua ma dei collaboratori).
L'homo videns fruitore della televisione, come notò Sartori, si infatua di personaggi bizzarri e stravaganti. e ripudia il piatto e monotono buon senso. Berlusconi che confonde volontariamente cause civili e penali per infangare Travaglio in televisione è una mossa vincente, ragione per cui Santoro si lamenta non per la falsità diffamente, ma perché questo colpo di teatro avviene attraverso una lettera scritta da altri, da Bonaiuti e altri vassalli e valvassini del Principe; un oltraggio insopportabile.
In conclusione, ribaltando la tesi di McLuhan, potremmo dire che il messaggio è il medium. L'insulto (alle orecchie o all'intelligenza poco importa) è la televisione.
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