La reazione maggioritaria alla tradegia del ragazzo quattordicenne romano suicida per le molestie a sfondo omofobo è stata quella di sollecitare con urgenza l'approvazione della legge contro l'omofobia, che rischia di essere affossata per le riserve del centro-destra. Finché questa posizione viene dai politici, posso comprenderla: lo Stato può limitarsi solo a sanzioni e prescrizioni negative non può fare, è implicito nella sua mission. Ma che la società civile aspetti questo provvedimento legislativo come una panacea francamente lo trovo sconcertante, è ignorare la storia.
Nel 1996, ad esempio, finalmente venne varata una nuova legge contro lo stupro e la violenza sessuale, che venivano trasformati da reati contro la morale a reati contro la persona; da allora i condannati per tali crimini subiscono una pena più equa, ma la situazione non è migliorata affatto, come testimonia il drammatico fenomeno del femminicidio - per il quale a sua volta si richiede una legge speciale, senza capire come questa aggravante possa avere qualche valore per una donna uccisa e un omicida che spesso si toglie a sua volta la vita.
Se esistono leggi contro la violenza sessuale, l'istigazione razziale, la negazione dell'Olocausto ecc. è perché esistono il maschilismo, il razzismo, l'antisemitismo, tutte situazioni che non si risolvono e tantomeno si tamponano con una maggiore permanenza in galera o sanzioni pecuniarie. Il cambiamento culturale non può arrivare dallo Stato, ma solo dal tessuto sociale. E se esistono delle situazioni di conflitto nella società, invece di soffocarle aumentando solamente i rancori si potrebbe cercare di favorire un dialogo opportunamente sorvegliato per evitare che i toni forti possano degenerare in violenza.
Forse sarebbe il caso di far parlare la maggioranza 'silenziosa' (e sicuramente ignorante) e ascoltare i loro argomenti. Se si lasciasse parlare David Irving e i vari storici negazionisti, li si potrebbe pubblicamente confutare, oppure capire se veramente hanno qualche argomento valido; si potrebbero sentire le ragioni di chi sostiene misure di discriminazione sessuale o razziale e, nell'incapacità di sostenere argomentazioni in un contesto democratico, sarebbero palesi i pregiudizi spacciati per dati 'atavici' e 'naturali'.
Non vorrei piuttosto che l'urgenza di tutte queste leggi derivasse dall'incapacità di confrontarsi di gente che, di fronte a grandi bugie, sia buona solo a sciorinare delle mezze verità; dalla sfiducia nel dibattito e nel confronto, sale della democrazia, in favore di un repertorio preconfezionato di opinioni politically correct. Il classico atteggiamento di idealisti disillusi, per intenderci, che non credono più nei loro stessi valori.
Ho seri dubbi sul fatto che, se fosse già stata in vigore la legge in discussione in Parlamento, quel ragazzo romano sarebbe ancora vivo. Se avesse trovato sollievo in qualche soluzione legale avrebbe comunque potuto trovare diversi appigli nelle normative già previste. Quello che voleva era solo un ambiente più aperto e più umano, cosa che nessuna legge avrebbe potuto mai garantirgli.
Nessun commento:
Posta un commento