Viviamo nell'era dei dati truccati: erano noti quelli dei governi greci del primo decennio del nuovo secolo per rientrare negli stringenti parametri economici dell'euro, da sempre si sospetta sulla reale entità della crescita economica cinee, oggi si scopre che anche la stimatissima Volkswagen ha falsificato quelli relativi alle emissioni inquinanti di alcune sue autovetture diesel. Che l'integerrima etica protestante del lavoro sia stata intaccata dal lassismo dei popoli mediterranei e dalla doppiezza orientale?
Ironie a parte, sarebbe importante capire perché questi imbrogli contabili diventano sempre più diffusi. Si può ovviamente imputare tutto a un degrado sociale che mortifica le coscienze e qualsiasi onore, al capitalismo che pensa solo al profitto; tuttavia ciò presuppone due domande fondamentali: perché esiste tale degrado sociale e per quale ragione il capitalismo punta solo al profitto?
Forse, abbiamo semplicemente raggiunto dei limiti quasi (?) insormontabili, superabili solo falsificando la realtà. Economie che devono crescere, debiti che devono ridursi, tecnologie che devono evolversi - tutto ciò previsto nei nostri modelli politici-socio-economici, ma gli auspici non riescono a verificarsi o quantomeno non nella misura in cui avremmo desiderato. Allora basta ritoccare i numeri e il gioco è fatto, almeno per un po', fino a quando qualcuno rovina l'incantesimo rivelando la verità oppure (situazione peggiore) è la verità stessa a bussare alla nostra porta, di solito con effetti catastrofici.
Ovviamente, ci sono persone che traggono lauti guadagni da questa grande orchestra della falsità, ma anche per costoro sarebbe molto meglio ricavare profitti dal vero. Quindi va bene condannare Volkswagen, funzionari e politici corrotti, però dovremmo anche seriamente interrogarci sulla realtà del mondo in cui viviamo, in particolare sui suoi limiti. Se li vogliamo aggirare impunemente ma con successo, il mimino che possiamo attenderci è di essere sommersi da una valanga di fango.
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