Andrea Strozzi, decrescente e blogger che collabora con il Fatto quotidiano, scommette sulla vittoria del sì al referendum greco del 5 luglio per approvare o meno le ricette economiche previste dalla UE: per mancanza di coraggio e bravura solo a parole, a suo giudizio.
Da decrescente convinto, ho paura che l'atteggiamento di Strozzi faccia da ottima sponda ai nostri detrattori, che possono così gridare all'ennesimo caso di una persona privilegiata che, una volta intrapresa la strada del downshifting e della semplicità volontaria, condanna senza appello - e persino aprioristicamente - persone in gran parte meno fortunate di lui.
Il referendum del 5 luglio è una novità assoluta nella storia recente. La Grecia ha la chance che i paesi del Sud del mondo strozzati dal debito non hanno mai avuto, se si fa eccezione per il caso argentino del 2001, che in quel caso fu opera di una sollevazione popolare contro il governo in carica. Qui invece ci troviamo di fronte a un'iniziativa 'rivoluzionaria' (virgolette d'obbligo: si tratta pur sempre di una rinegoziazione di debito camuffata) passata attraversa la perfetta adesione ai meccanismi parlamentari.
Forse, una volta che la crisi distruttiva del capitalismo senile investe i paesi occidentali, non sono più possibili le classiche tattiche violente dei potentati internazionali - non si possono condurre bombardamenti o creare le condizioni per colpi di stato - per cui è probabile che, in caso di vittoria del NO, il tanto temuto effetto contagio possa dispiegarsi anche in altri paesi dell'Europa mediterranea. Tuttavia, anche una vittoria del SI non potrebbe far dormire sonni tranquilli: ne perderebbe l'autorevolezza del governo Tsipras, smentito dal suo popolo, ma gli effetti devastanti di un ulteriore dose di austerità sicuramente convincerebbero molti greci a trovare successivamente quel 'coraggio' che Strozzi rimprovera loro di non avere.
Sicuramente il 5 maggio vota il popolo greco, ma non solo per il loro futuro. Una vittoria del NO sarebbe un ostracismo nei confronti della UE la quale, ironia della sorte, ha un atteggiamento che ricorda per molti versi l'imperialismo della Lega di Delo verso le polis satelliti. E potrebbe spianare la strada, coraggio o non coraggio, a comprendere che la differenza sostanziale tra decrescita felice e triste austerità, con buona pace di certi commentatori.
Da decrescente convinto, ho paura che l'atteggiamento di Strozzi faccia da ottima sponda ai nostri detrattori, che possono così gridare all'ennesimo caso di una persona privilegiata che, una volta intrapresa la strada del downshifting e della semplicità volontaria, condanna senza appello - e persino aprioristicamente - persone in gran parte meno fortunate di lui.
Il referendum del 5 luglio è una novità assoluta nella storia recente. La Grecia ha la chance che i paesi del Sud del mondo strozzati dal debito non hanno mai avuto, se si fa eccezione per il caso argentino del 2001, che in quel caso fu opera di una sollevazione popolare contro il governo in carica. Qui invece ci troviamo di fronte a un'iniziativa 'rivoluzionaria' (virgolette d'obbligo: si tratta pur sempre di una rinegoziazione di debito camuffata) passata attraversa la perfetta adesione ai meccanismi parlamentari.
Forse, una volta che la crisi distruttiva del capitalismo senile investe i paesi occidentali, non sono più possibili le classiche tattiche violente dei potentati internazionali - non si possono condurre bombardamenti o creare le condizioni per colpi di stato - per cui è probabile che, in caso di vittoria del NO, il tanto temuto effetto contagio possa dispiegarsi anche in altri paesi dell'Europa mediterranea. Tuttavia, anche una vittoria del SI non potrebbe far dormire sonni tranquilli: ne perderebbe l'autorevolezza del governo Tsipras, smentito dal suo popolo, ma gli effetti devastanti di un ulteriore dose di austerità sicuramente convincerebbero molti greci a trovare successivamente quel 'coraggio' che Strozzi rimprovera loro di non avere.
Sicuramente il 5 maggio vota il popolo greco, ma non solo per il loro futuro. Una vittoria del NO sarebbe un ostracismo nei confronti della UE la quale, ironia della sorte, ha un atteggiamento che ricorda per molti versi l'imperialismo della Lega di Delo verso le polis satelliti. E potrebbe spianare la strada, coraggio o non coraggio, a comprendere che la differenza sostanziale tra decrescita felice e triste austerità, con buona pace di certi commentatori.
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