sabato 4 maggio 2024

Caso Byoblu: riflessione oltre le tifoserie

 Pubblicato su Decrescita Felice Social Network il 6 aprile 2021

La decisione di YouTube di chiudere il canale di controinformazione Byoblu di Claudio Messora, come prevedibile, ha scatenato reazioni per lo più ispirate alla simpatia o al disprezzo verso un personaggio che, tendenzialmente, per le posizioni estremamente radicali si tende ad amare od odiare.

Un vero peccato perché, ragionando lucidamente sulla questione, emergerebbero tanti aspetti che meriterebbero di essere sviscerati, al di là dei gusti personali. Proviamoci qui, allora.

Pericolosa egemonia dei social network – Non sono solamente i ‘cospirazionisti’ a preoccuparsi del ruolo egemonico e sostanzialmente monopolista assunto dai principali social network (Facebook, Instagram, Twitter, YouTube e Twitch su tutti), ossia una ristretta cerchia di multinazionali private che si sono arrogate il diritto di concedere o togliere visibilità a persone e contenuti, senza però assumersi le responsabilità che spetterebbero ai normali editori. Si sta verificando ciò che vent’anni fa paventava Jeremy Rifkin ne L’era dell’accesso: sono sorti potenti gatekeeper che, controllando i principali flussi di informazioni di Internet, le filtrano e le promuovono nella deregolamentazione più totale. Non siamo ancora al Grande Fratello orwelliano, ma senza importanti interventi correttivi l’instaurazione di una realtà distopica in stile 1984 si fa sempre più reale.

L’opacità dei processi decisionali è evidente soprattutto per quanto riguarda rilevamento e punizione delle infrazioni. YouTube ha sospesso Byoblu, un canale di informazione con più di 500.000 iscritti e 200 milioni di visualizzazioni complessive, senza sentire la necessità di diffondere un comunicato per spiegare le ragioni della decisione. Rimane quindi la sola versione di Messora, che, a chi conosce un po’ le prassi della piattaforma di proprietà di Google, lascia effettivamente abbastanza dubbi. Tuttavia, non mi risultano smentite alle sue dichiarazioni, che parlano di provvedimenti presi sulla base di video caricati on line ma non ancora resi pubblici e altre anomalie che, se realmente accadute, delineerebbero un quadro piuttosto sconcertante.

Per inciso, altri social media si comportano in maniera ancora più discutibile. Eloquente l’odissea subita dallo streamer italiano Sdrumox su Twitch, addirittura bannato a vita (su YouTube se non altro l’oscuramento colpisce il canale e non il possessore dell’account, che può quindi aprirne un altro) dopo mesi di tribolazione passati nel tentativo di blandire i gestori della piattaforma nel vano tentativo di chiarire la propria posizione.

Spregiudicatezza di Messora – Messora può non piacere, tuttavia non solo non è stupido, ma conosce le dinamiche della comunicazione come pochi. Essendo per nulla un ingenuo, era quindi consapevole di agire sul filo del rasoio e la decisione di YouTube non è stata certa un fulmine a ciel sereno né per lui né per chi, da tempo, constatata l’aumentato zelo nel verificare e bannare (o ‘solamente’ demonetizzare) i contenuti pubblicati.

Quello che forse non tutti sanno, invece, è che YouTube da tempo ha smesso di essere una gallina dalle uova d’oro, fatto testimoniato dalla migrazione di massa di tanti utenti sulla nuova Terra Promessa Twitch, che consente guadagni molto maggiori ma le cui linee guida rigidamente improntate al politicamente corretto sono difficilmente compatibili con un prodotto controverso come Byoblu.

Immediatamente dopo la chiusura subita su YouTube, Messora ha avviato una campagna di raccolta fondi per creare un canale sul digitale terrestre, che ha riscosso un successo clamoroso riuscendo a reperire in poche ore una somma addirittura superiore agli €150.000 richiesti (mentre scrivo, le donazioni hanno quasi raggiunto quota €280.000). Enzo Pennetta, grande fan di Messora, ha commentato su Twitter: “YouTube con la sua arrogante censura trasforma la propria vittoria nella più clamorosa delle sconfitte. Grazie YouTube, adesso per merito tuo @byoblu avrà un canale nazionale”.

La creazione di canali tramite crowdfunding rappresenta l’ultima frontiera dell’evoluzione televisiva dopo l’avvento del digitale, già sperimentata con ottimi risultati negli USA: sicuramente un fine conoscitore dei mass media come Messora studiava da tempo il fenomeno e si stava attrezzando per replicarlo in Italia.

Le massicce donazioni, oltra a testimoniare dell’affetto dei tantissimi follower e simpatizzanti, in parte possono essere elargizioni di persone che, benché non stimassero particolarmente Byoblu, hanno voluto offrire un segno di solidarietà in stile Voltaire (“Non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita affinché tu possa dirlo”). In ogni caso, è fuori discussione che la decisione di YouTube abbia agito da catalizzatore per un’iniziativa che, altrimenti, avrebbe raggiunto l’obiettivo meno celermente.

Intendiamoci, da amante del punk provo solo ammirazione per chi fa buon viso a cattivo gioco approfittando delle velleità più o meno censorie dei potenti di turno. Se Messora è riuscito a imbastire la sua personale ‘grande truffa del rock and roll’, alla maniera dei Sex Pistols, ha tutta la mia stima per questo. Basta solo riportare tutto alle giuste dimensioni: i martiri della libertà di espressione sono un’altra cosa. Considerazione valida nel 1977 per Malcolm Mclaren, Johnny Rotten, Sid Vicious, Steve Jones e Paul Cook e oggi con Messora.

Le ragioni di un successo – Un anno fa, solidarizzai contro la richiesta, inoltrata alla magistratura dall’associazione Patto trasversale per la scienza di Burioni e soci, di oscurare il canale Youtube di Byoblu, ma non mi feci scrupoli a prendere le distanze da quel modo di fare informazione. Senza ripetere quanto già espresso allora, ribadisco la mia diffidenza derivante da due concetti chiave del suo stile giornalistico che trovo fuorvianti e controproducenti, oltre che profondamente scorretti. Il primo è l’assioma biecamente postmoderno ‘la verità non esiste’, ripetuto a spron battuto da Messora, usato in modo spudorato per avallare qualsiasi costruzione narrativa vagamente argomentata, in barba a prove ed evidenze.

Il secondo invece traspare dalle dichiarazioni rilasciate dopo la punizione subita da YouTube: La nostra colpa è questa ossessione di voler far parlare i cittadini qualunque, di mostrare le notizie anche da un altro punto di vista, di concedere un palcoscenico anche alle idee che per i media non esistono, ma che sono largamente diffuse e secondo me hanno pieno diritto di rappresentanza”.

Un giornalista non può limitarsi a fare lo speaking corner, presentando opinioni bizzarre e, da perfetto ignavo, lavarsene poi le mani lasciando allo spettatore la facoltà di credere o meno a quanto presentato (che magnanimità!). Così possono comportarsi Fedez e Luis quando invitano un personaggio eccentrico alla Biglino al podcast Muschio selvaggio, ad esempio, perché il loro mestiere è fare gli intrattenitori. Il ruolo del giornalista, invece, è di venire in soccorso del cittadino per verificare la fondatezza di informazioni che, altrimenti, oggigiorno chiunque potrebbe reperire da solo on line, senza alcuna intermediazione. L’analisi critica delle fonti è un compito imprescindibile da cui non può esimersi chi opera nell’informazione.

Tuttavia, per quanto si possa deprecarne l’operato, il successo di Byoblu è innegabile ed è destinato a crescere con il passaggio in televisione. Come spiegarlo? Tanti detrattori avranno già pronta la spiegazione facile del pubblico-somaro che ragiona di pancia, malato di analfabetismo funzionale, vittima del bias, incapace di verificare l’attendibilità delle notizie ecc. Tale ragionamento, però, proviene da persone non meno illuse (e ideologizzate, anche se per ragioni differenti) dei fan irriducibili di Messora.

La ‘colpa’ del successo di realtà quali Byoblu è da imputare a una macchina dell’informazione ridotta oramai alla parodia di se stessa, riuscita persino a peggiorare ulteriormente i suoi standard qualitativi durante la pandemia, banco di prova per testare un suo rilancio di credibilità. Un esempio tra i moltissimi citabili: durante la conferenza stampa del 26 marzo, il presidente del consiglio Draghi ha lanciato un’accusa gravissima alle aziende produttrici dei vaccini, affermando che “Ce ne sono alcune, e non faccio nomi, che hanno venduto le cose anche due, tre volte”.

Invece di montarci sopra un più che giustificabile scoop avviando inchieste degne di questo nome, le testate giornalistiche e televisive hanno per lo più preferito insabbiare le dichiarazioni bomba del premier (invece di incalzarlo e smuoverlo dalla sua reticenza, ricordandogli i suoi doveri verso la popolazione che governa), preferendo attribuire grande rilevanza esegetica a frasi banalissime del tipo “Andrei in vacanza volentieri”.

Byoblu rappresenta la versione degenerata dell’informazione di cui si sentirebbe davvero bisogno, meno ossequiosa dei potenti di turno e realmente interessata a fungere da cane da guardia della democrazia, invece che accucciata nei confronti di azionisti e inserzionisti, preoccupata solo di creare un finto clima di normalità. Senza prendere atto di ciò, finiremo solo per rimanere stretti ancora di più in una morsa mortale tra fake news e propaganda di regime.

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