Alla fine Federmeccanica ha ceduto: dal primo gennaio 2012, assecondando i desideri della FIAT, il contratto dei metalmeccanici firmato nel 2008 anche dalla FIOM verrà disdetto. Le ragioni sono ben note, ossia estendere il 'modello Pomigliano' a tutta l'Italia in nome della flessibilità necessaria per competere sul mercato globale. CISL e UIL hanno già fatto sapere - ma non è una notizia - di convidere la scelta e di essere pronte a collaborare con Confindustria per questo nuovo 'patto sociale'.
Per la FIOM e per tutti coloro che non vogliono accettare i diktat dei vari Marchionne è il momento della verità, un momento storico fondamentale da cui dipende il benessere delle future generazioni di lavoratori ma non solo. Per farla breve, bisogna fare una scelta tra l'autombile e la libertà. Difendere a oltranza il vecchio modello fordista non farà altro che rafforzare la posizione degli imprenditori, i quali forse davvero hanno trovato l'unica ricetta possibile per far sopravvivere un mercato asfittico come quello automobilistico.
Ma perché questo accanimento terapeutico nei confronti dell'automobile? Perché sperare in una diffusione di massa nei paesi in via di sviluppo, accelerando il disastro ambientale? Perché riproporla nell'Occidente industrializzato che patisce da decenni le conseguenze economiche, sociali e ambientali di questa scelta scellerata?
Solo il coraggio di progettare una riconversione industriale attenta al futuro può ridare una speranza. Altrimenti, si può starne certi, a rimetterci non saranno soltanto le tute blu.
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